LA DIRETTIVA 2013/35/UE - OGI

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La Direttiva 2013/35/UE e l’effetto delle onde
elettromagnetiche sulla salute umana
Il repentino aumento delle tecnologie di comunicazione che utilizzano energia elettrica ha notevolmente modificato l’ambiente che ci circonda comportando, conseguentemente, un uso sempre maggiore di sorgenti e dispositivi che emettono onde elettromagnetiche.

Tutto ciò ha spinto il legislatore ad intervenire in tale ambito, approvando la Direttiva 2013/35/UE che stabilisce prescrizioni minime di protezione dei lavoratori contro i rischi riguardanti gli effetti biofisici diretti e indiretti provocati, a breve termine, dai campi elettromagnetici. La suddetta normativa richiede che il datore di lavoro valuti tutti i rischi derivanti dall’esposizione agli agenti fisici (campi elettromagnetici), in modo da identificare ed adottare le opportune misure di prevenzione e protezione, con particolare riferimento alle norme di buona tecnica e alle buone prassi.

Nello specifico, il datore di lavoro è tenuto, attraverso l’attività di valutazione del rischio e di formazione ed informazione dei lavoratori, alla promozione:
  • di altri metodi di lavoro che implichino una minore esposizione ai campi elettromagnetici;
  • di attrezzature che emettano campi elettromagnetici meno intensi, tenuto conto del lavoro da svolgere;
  • delle misure tecniche per ridurre l’emissione deicampi elettromagnetici incluso, se necessario, l’uso di dispositivi di sicurezza, schermatura o analoghi meccanismi di protezione della salute;
  • di misure appropriate di delimitazione e di accesso quali segnali, etichette, segnaletica al suolo e barriere, al fine di limitare o controllare l’accesso;
  • delle misure e delle procedure volte a gestire le scariche di scintille e le correnti di contatto mediante strumenti tecnici, in caso di esposizione a campi elettrici;
  • degli opportuni programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, dei sistemi, dei luoghi e delle postazioni di lavoro;
  • della progettazione e della struttura dei luoghi e delle postazioni di lavoro;
  • della limitazione della durata e dell’intensità dell’esposizione;
  • di adeguatidispositivi di protezione individuale.

Rispetto alla Direttiva abrogata (2004/40/CE) le principali novità riguardano:
  • l’adozione di una nuova grandezza dosimetrica a cui legare il rispetto delle restrizioni di base (si è passati dalla densità di corrente indotta al campo elettrico interno ai tessuti);
  • l’introduzione di un doppio sistema di limiti e valori di azione relativi agli effetti di stimolazione, sia a carico del sistema nervoso centrale (effetti sensoriali) che dei nervi periferici (effetti sanitari);
  • la previsione di diverse categorie dei valori limite di esposizione, ossia: valori stabiliti sulla base degli effetti diretti acuti e a breve termine scientificamente accertati, ossia gli effetti termici e l’elettrostimolazione dei tessuti; valori al di sopra dei quali i lavoratori potrebbero essere soggetti ad effetti nocivi per la salute, quali il riscaldamento termico e la stimolazione del tessuto nervoso o muscolare; valori al di sopra dei quali i lavoratori potrebbero essere soggetti a disturbi temporanei delle percezioni sensoriali e a modifiche minori delle funzioni cerebrali;
  • la possibilità di derogare i limiti di esposizione riguardo a tutte le attività legate alle Forze Armate e all’utilizzo medico delle attrezzature per la Risonanza Magnetica;
  • l’introduzione di un’ulteriore ipotesi derogatoria riguardante attività non rientranti fra quelle sopra citate rispetto alle quali gli Stati membri possono autorizzare, in circostanze debitamente giustificate e soltanto per il periodo in cui rimangano tali, il superamento temporaneo dei VLE (valori limite di esposizione). È necessario, però, che vengano soddisfatte determinate condizioni, tra cui l’applicazione di tutte le misure tecniche ed organizzative e la dimostrazione, da parte del datore di lavoro, che i lavoratori sono in ogni caso protetti contro gli effetti nocivi per la salute e i rischi per la sicurezza.

Ma qual è l’impatto delle onde elettromagnetiche nella nostra vita quotidiana e, soprattutto, quali sono gli effetti prodotti dalle stesse sul nostro organismo?

Numerose ricerche scientifiche hanno dimostrato, ad esempio, che: l’attrito causato dal contatto con la moquette può produrre un forte campo elettrico; il tubo catodico del televisore o del monitor del computer emette elettroni che oltre a colpire lo schermo si propagano anche all’interno dell’ambiente; i motori di frigoriferi, lavastoviglie, lavatrici e condizionatori irradiano una considerevole energia elettromagnetica nell’ambiente; i materiali sintetici, come i collant, si possono caricare elettrostaticamente per strofinìo.

Sono, inoltre, causa di presenza nell’ambiente di campi elettromagnetici: le linee di distribuzione dell’alta tensione aeree e interrate; le antenne paraboliche per le comunicazioni satellitari; gli impianti radar militari e civili; gli impianti di allarme; i metal-detector; la telefonia cellulare; le apparecchiature elettromedicali; i sistemi a distanza di apertura dei cancelli e delle porte.

L’effetto delle radiazioni non ionizzanti (NIR) generalmente non è nocivo, ma rappresenta un effetto biologico che può tradursi o meno in un danno per la salute dell’individuo esposto.

Il più evidente degli effetti biologici dei campi elettromagnetici è sicuramente rappresentato dal surriscaldamento dei tessuti corporei esposti alle radiazioni, fenomeno facilmente riscontrabile, ad esempio, dopo una lunga conversazione col telefono cellulare. Tale processo è molto pericoloso in quanto l’aumento termico avviene all’interno dell’organismo, per cui non è adeguatamente percepito dagli organi sensoriali; ciò provoca una mancata attivazione dei necessari meccanismi di compensazione e un conseguente danneggiamento di tutti quegli organi che, come cornee e testicoli, sono caratterizzati da scarsa circolazione sanguigna (la circolazione sanguigna favorisce la dispersione del calore prodotto).

Inoltre, numerose ricerche scientifiche e studi di laboratorio su animali hanno dimostrato che le onde:
  • da 25 a 30 MHz (radio taxi, radioastronomia, ecc.) penetrano in tutti i tessuti del corpo umano, nelle ossa e in particolare nel cervello, nel midollo spinale e nel cristallino dell’occhio;
  • da 87 a 108 MHz(radiodiffusione FM) penetrano fino a 4 cm di profondità nel cervello, nel midollo spinale e nel cristallino;
  • da 174 a 230 MHz(banda televisiva VHF) producono effetti soprattutto sui bambini in crescita;
  • da 470 Mhz a 1 GHz(banda televisiva IV/V UHF e telefonia mobile) penetrano nel cervello fino a 2 cm e hanno una potenza energetica dieci volte superiore a quella delle onde FM;
  • da 2,4 a 2,5 GHz (radar, satelliti, forni a microonde, radioamatori via satellite) penetrano nel cervello fino a 1 cm e sono dannose per gli occhi, il sangue e i microrganismi;
  • da 10 a 100 GHz(radar militari, forni industriali, esplorazione della terra via satellite, ricerca spaziale, radiolocalizzazione, meteorologia) penetrano nel cervello per alcuni millimetri, danneggiano il sangue e i microrganismi e possiedono una potenza energetica circa diecimila volte superiore rispetto a quella delle onde di 10MHz.

Attualmente, in fase di studio, ci sono:
  • gli effetti sulla tiroide: le radiazioni producono sul cervello effetti quali il rallentamento o l’arresto della produzione da parte della ipofisi e dell’ormone stimolante tiroideo (TSH), determinando così una drastica riduzione degli ormoni tiroidei T4 e T3;
  • la permeabilità della barriera emato-encefalica: svariati studi effettuati su animali hanno dimostrato che i CEM (campi elettromagnetici) usati nella telefonia mobile provocano la distruzione della barriera emato-encefalica. Ciò comporta massicci danni al cervello degli animali, nonostante la potenza impiegata per generare questo effetto sia molto più bassa di quella oggi considerata come sicura per l’uomo. Qualora questi danni venissero confermati negli esseri umani, non è da escludere un massiccio aumento delle malattie neurodegenerative come l’Alzheimer in persone di mezza età, le quali abbiano usato telefoni cellulari per alcuni decenni;
  • gli effetti nei bambini: gli effetti delle radiazioni elettromagnetiche sono più gravi se si accumulano nel tempo, ma esistono delle fasce di età più sensibili rispetto ad altre. I bambini, ad esempio, assorbono molte più radiazioni rispetto agli adulti. I ricercatori dell’Università dello Utah hanno scoperto che, il cervello di un bambino di 5 anni assorbe una quantità di radiazioni quattro volte maggiore rispetto al cervello di un adulto e che, il fluido oculare di un bambino di 5 anni assorbe una quantità di radiazioni oltre 10 volte maggiore rispetto all’occhio di un adulto. Inoltre, la distruzione fin dalla giovane età di cellule neuronali annulla una “riserva cerebrale”, che nella vecchiaia potrebbe compensare la morte di neuroni causata dalle malattie degenerative. Se il cervello ha un eccesso di neuroni poco utilizzati, questi potrebbero tornare utili per sostituire quelli morti a causa di malattie della tarda età.

Le onde elettromagnetiche possono causare anche danni di tipo tumorale come il glioma, provocato dall’innalzamento termico dei tessuti in seguito ad esempio all’uso continuato dei telefoni cellulari, e le leucemie. Il danno tumorale è stato associato al fatto che i campi elettrici e magnetici inibiscono la produzione di melatonina, ormone che regola l’umore e il sistema riproduttivo e che viene prodotto soprattutto durante la notte dalla ghiandola pineale, situata nella parte posteriore del cervello.

Va precisato che ancora moltissimi anni di ricerca occorreranno per poter arrivare a far piena luce su tali effetti, è per queste ragioni che tuttora è impossibile fissare limiti di esposizione precisi e sicuri per le radiazioni elettromagnetiche, anche a bassissime intensità di campo.

È, comunque, buona norma non sottovalutare tale fenomeno e cercare di rispettare in ogni situazione, lavorativa e non, le seguenti regole:
  • non conservare il telefono cellulare acceso sul torace in prossimità del cuore;
  • evitare lunghi e frequenti colloqui col cellulare, alternare spesso l’orecchio e usare solo auricolari a filo;
  • tenere il telefono cellulare acceso e/o la radiosveglia ad almeno 1 metro di distanza dal cuscino o dalla postazione di lavoro;
  • non dormire con coperte elettriche in funzione;
  • non sostare troppo a lungo vicino ad apparecchi quali frigorifero, forno elettrico, scaldabagno, forno a microonde, televisore e computer;
  • svolgere completamente le prolunghe evitando la formazione di spire;
  • evitare l’uso di prese multiple e/o ciabatte;
  • tenere sempre l’asciugacapelli a circa 30 cm di distanza dalla testa e alternare spesso la mano;
  • evitare l’uso prolungato di apparecchi elettrici da parte dei bambini;
  • tenere gli apparecchi di telecontrollo per bambini e neonati ad almeno 70 cm di distanza dalla loro testa;
  • tenere i bambini ad almeno 1 metro di distanza dal televisore o dal monitor dei videogiochi.

A cura di  Lucia Di Bello
Riferimenti e link
eur-lex.europa.eu › EUROPA › EU law and publications › EUR-Lex;
https://www.vegaengineering.com/…/campi-elettromagnetici-nuova-direttiva-201335;
Jandolo B., Martuzzi M., Polichetti A., Salvan A., Vecchia P. e i partecipanti alle reti ospedaliere del Progetto INTERPHONE in Italia: “Tumori del distretto cervico-encefalico ed uso dei telefoni cellulari. Uno studio epidemiologico internazionale”, Notiziario Istituto Superiore di Sanità, 14 (2): 3-9, 2001;

Telephone use: results of the INTERPHONE international case–control study. International Journal of Epidemiology 2010, 1–20;
Stievano B. M., Erna M., Rassegna degli effetti derivanti dall’esposizione ai campi elettromagnetici, ANPA, CTN Agenti Fisici
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